È quanto è emerso dall’analisi “Bilanci d’Acciaio 2024”, il principale studio di siderweb che indaga in chiave strategica e prospettica i risultati economico-finanziari della filiera siderurgica, attraverso la lettura e l’interpretazione dei dati dei bilanci di esercizio del triennio 2021-23.
Il 2023 è stato un anno di rallentamento per la siderurgia italiana, reduce da un “biennio magico” che le aveva permesso di rafforzare la propria situazione economica complessiva.
I bilanci chiusi allo scorso 31 dicembre 2023 mostrano una situazione che riflette la generale frenata dell’economia: ridimensionamento dei ricavi (–15%), del valore aggiunto (–18,7%) e del valore della produzione.
Questi risultati si collocano in un contesto economico di calo della produzione di acciaio, che in Italia è stato del 2,5%, quindi inferiore a quello dell’Ue (–7,4%). In contrazione anche il consumo apparente (–6,3%), in decrescita le importazioni, stabili le esportazioni e i livelli di occupazione.
È quanto è emerso dall’analisi “Bilanci d’Acciaio 2024”, il principale studio di siderweb che indaga in chiave strategica e prospettica i risultati economico-finanziari della filiera siderurgica, attraverso la lettura e l’interpretazione dei dati dei bilanci di esercizio del triennio 2021-23.
Giunto alla 16° edizione, lo studio è realizzato in collaborazione con i docenti Claudio Teodori e Cristian Carini dell’Università degli Studi di Brescia ed è sponsorizzato da BPER Banca e Regesta Group. L’analisi riguarda i bilanci di 1757 imprese di produzione, prima trasformazione, centri servizio e distribuzione di acciaio.
La situazione del mercato italiano
«Il mercato dell’acciaio, dopo 2 anni molto buoni, subisce il calo dei consumi», ha riassunto l’amministratore delegato di siderweb, Paolo Morandi. «Bilanci d’Acciaio è un evento siderweb che ci permette di fare un punto, di fotografare il presente e di pensare al futuro. Il 2023 è stato un anno di transizione e il 2024 si preannuncia molto complicato, con gli ordini interni in diminuzione così come l’export, e con la produzione industriale in forte rallentamento, con un conseguente calo dei fatturati per le imprese del nostro settore. Rispetto a queste dinamiche dovremo comprendere quanto ci sia di congiunturale, che riguarda la normale volatilità di domanda e prezzi, e quanto invece ci sia di strutturale».
La redditività
«La pur contenuta variazione del valore aggiunto – ha spiegato Teodori – si è negativamente riflessa sull’Ebitda, che scende nuovamente sotto il 10% di incidenza sulle vendite (8,8%), a causa del minore assorbimento del costo del lavoro, dovuto quasi esclusivamente alla decrescita dei ricavi. Minore l’effetto sugli altri costi strutturali, ammortamenti e leasing. L’impatto complessivo è la riduzione di 2,5 punti percentuali della marginalità della gestione caratteristica, che supera di poco il 5% (8% lo scorso anno)».
L’unico dato in miglioramento rispetto al 2022 riguarda i mezzi propri «a segnalare il ridimensionamento avvenuto nell’ultimo anno, che è più agevolmente comparabile con quello iniziale del triennio (2021-2023). Va comunque guardato con positività – ha aggiunto Teodori – l’incremento delle risorse dei soci: gli ingenti utili prodotti nel 2022 (5,5 miliardi), sono stati in buona parte destinati ad autofinanziamento. Esaminando i dati principali, colpisce anche la crescita del 64% degli oneri finanziari, malgrado la contrazione dei debiti finanziari e della posizione finanziaria netta: l’aumento del costo del denaro ha avuto un impatto non trascurabile».
Il peso degli oneri finanziari è stato infatti significativo nel 2023, superando l’1% del fatturato. Il reddito netto, ampiamente positivo, ha inciso per il 4% sulle vendite.
La solidità
Se gli indici di redditività, sia caratteristica sia netta, sono peggiorati, la solidità, che ha orizzonti di medio-lungo termine, ha mostrato variazioni più contenute. «Nel complesso – ha illustrato ancora Teodori – la dimensione migliora nel 2023, grazie soprattutto alle scelte di autofinanziamento attuate dalle imprese dopo gli elevati redditi ottenuti nel 2022, che rimarrà nella storia di molte aziende. Il rapporto di indebitamento si è dunque ridotto, avvicinandosi all’unità e raggiungendo il valore minimo del triennio».
Uno scenario creatosi grazie a riduzione dei debiti; incremento dei mezzi propri; leggero decremento del capitale investito: «L’unico elemento negativo, legato al costo del denaro, è il peggioramento della sostenibilità economica del debito, cioè l’impatto a conto economico degli oneri finanziari, che viene solo in parte mitigato dai minori debiti».
E nel 2024 la situazione potrebbe peggiorare, viste le non soddisfacenti previsioni economiche.
Le attese per il futuro
Il calo della produzione siderurgica nei primi 9 mesi dell’anno (–5,6%, dati Federacciai) e del fatturato dell’industria, unitamente alle incerte previsioni sul Pil, sono evidenti segnali di preoccupazione che porteranno a segni ancori negativi nei bilanci delle imprese siderurgiche del 2024.
È importante considerare anche l’andamento dei principali settori utilizzatori di acciaio, dai quali non arrivano buone notizie: l’edilizia è fortemente dipendente dai sussidi statali (che non ci saranno più, almeno come negli ultimi anni), l’automotive presenta forti segnali di preoccupazione (con un calo notevole dei volumi di attività, livelli di incertezza molto alti, introduzione di dazi) e un elemento di criticità continua a essere il prezzo dell’energia.
Come le imprese stanno rispondendo a questi segnali è il risultato del questionario che siderweb ha sottoposto a un campione rappresentativo della filiera dell’acciaio nazionale (oltre 70 imprese, appartenenti prevalentemente a 3 comparti: 26% produzione, 22% centri servizio, 21% distribuzione). Le domande hanno riguardato le attese per i risultati di bilancio 2024 e le prospettive per il 2025.
Per quest’anno 2024 sia l’attività svolta, espressa dal fatturato, sia i risultati economici sono previsti in generale calo, non trascurabile in alcune realtà. Il 77% delle imprese si attende un calo del fatturato nel 2024 e il 73% una contrazione dell’incidenza dell’Ebitda sulle vendite. Il 75% stima un decremento del risultato economico (il 14% prevede stabilità, solo il 10% un miglioramento).
L’elemento di maggiore criticità percepita rimane decisamente il costo dell’energia (18% dei rispondenti). Seguono il costo di materie prime e semiprodotti (14,4%), perdita di competitività e rallentamento della domanda internazionale a parimerito (12%).
Gli investimenti sono prevalentemente di rinnovo e ammodernamento, con spazio più limitato all’ampliamento. L’innovazione e l’automazione assumono sempre grande rilevanza, con un ruolo non trascurabile anche della sicurezza; cala il peso della digitalizzazione a vantaggio della formazione del capitale umano.
Il 2025 è invece connotato da una ripresa, la cui ampiezza non è però di agevole determinazione. Il 38% delle imprese si aspetta un incremento del fatturato tra il 10 e il 20%; un altro 38% propende per una stabilità. Il 23% si attende un’ulteriore contrazione. I prezzi di vendita sono previsti in aumento fino al 10% dal 35,6% del campione, il 30% prevede che resteranno stabili e il 16% ritiene caleranno meno del 10%.
a cura di Redazione
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