Diversi fattori stanno portando molte aziende a una proliferazione di varianti di prodotto. Ma qual è l’impatto di queste politiche sul conto economico? Alto. Il caso di successo di una media azienda manifatturiera italiana.
La proliferazione di varianti può uccidere il profitto? La dinamicità del mercato, il percepito (ma non sempre vero) predominio del cliente, la necessità di differenziarsi per personalizzazione, ovvero di garantirsi la fedeltà del cliente tramite la soddisfazione puntuale di ogni sua richiesta, sta portando molte aziende a una proliferazione di varianti di prodotto.
Ma qual è l’impatto di queste politiche sul conto economico? Si devono investire risorse nella personalizzazione del prodotto, tramite gli Application Engineer o addirittura la R&S. Lo sviluppo di nuovi codici ha di sicuro un impatto in termini di costi sulla supply chain, sia tramite l’aumento dei codici gestiti che tramite la necessità di sempre maggiore flessibilità della produzione. Infine, la maggior quantità di attività da realizzare porta a un aumento dei costi indiretti.
Proliferazione di varianti e perdite economiche
Come rappresentato in figura 1 (qui sotto), c’è il rischio che, anche senza accorgercene, si creino perdite sul conto economico. È importante allora cambiare paradigma, in particolare attraverso tre fasi:
-capire l’impatto economico passato della gestione delle varianti;
-capire l’impatto economico futuro delle varianti, con uno strumento che consenta di calcolare i “costi della complessità”;
-definire strategie per ridurre le varianti, mantenendo le funzionalità e le prestazioni attese dal cliente.
Le possibili strategie
Il primo passaggio è indubbiamente quello di eliminare i codici marginali, quell’80% che fa il 20% del fatturato. A meno che non abbiano una funzione strategica (una variante marginale per un cliente fondamentale o una variante critica per entrare in un nuovo mercato) questi codici in genere producono perdite, in quanto il costo della loro gestione (compresi gli indiretti) risulta superiore ai ricavi.
L’eliminazione dei codici marginali è il primo passo della standardizzazione. Questa si concentra sulle caratteristiche primarie richieste dai clienti; quelle poco rilevanti per il cliente possono invece essere eliminate.
Di tutte le varianti che garantiscono la stessa funzionalità ne se può conservare una sola: anche quella più costosa, se è in grado di coprire una ampia gamma di soluzioni, poiché il costo complessivo per l’azienda è inferiore a quello generato dal ricorrere ogni volta alla variante più economica per la specifica richiesta.
L’analisi del valore e la modularizzazione
Un valido ausilio è dato dall’Analisi del Valore. Si tratta di un metodo organizzato di problem solving, che ha l’obiettivo di definire le funzioni che un prodotto deve eseguire, identificando le relazioni tra costi e funzioni, al fine di far svolgere le funzioni stesse al costo più basso senza un impatto negativo sulla qualità e sulle prestazioni.
La modularizzazione è un ulteriore passo. Si articola sostanzialmente in tre criteri:
-l’indipendenza (funzioni di prodotto differenti su moduli differenti; moduli fisicamente indipendenti);
-l’integrazione (interfacce standard tra i moduli; riutilizzo dei singoli moduli);
-la scomposizione (suddivisione delle funzioni del prodotto in sotto funzioni che corrispondano a differenti moduli).
Queste breve lista non può dimenticare il Design to Lean, che, tra le altre cose, invita a progettare prodotti con punti di disaccoppiamento il più a valle possibile. Ciò significa che la personalizzazione può essere realizzata alla fine del processo produttivo, con indubbi vantaggi sui tempi di attraversamento, sulla pianificazione della produzione, sulla gestione dei materiali (figura 2, qui sotto).
Un approccio interdisciplinare
L’applicazione di queste strategie non è un compito unidimensionale, proprio di uno specifico progetto e tantomeno di una specifica funzione (tipicamente la R&S e/o l’Ingegneria). È necessario un intervento interdisciplinare che attraversa tutta l’azienda.
Le aree di analisi e poi di intervento sono le sette rappresentate in figura 3 (qui sotto).
Il Portfolio: identificazione dell’ambito di soluzioni offerte, identificazione della loro ampiezza in termini di funzioni e codici, identificazione delle ragioni per il successo o l’insuccesso dei prodotti
Il prodotto: classificazione di prodotti, sottoassiemi e componenti in relazione alle funzioni da loro assolte, verifica del livello di utilizzo di politiche di componenti comuni, utilizzo di metodi di progettazione che evitino sprechi in produzione
La Value Chain: analisi della produzione, delle fasi ed attività di produzione e montaggio, identificazione dei requisiti in termini di tempi di attraversamento e consegna.
I sistemi di valutazione economica: verifica dell’esistenza di valutazioni significative di ricavi e costi dei prodotti e varianti, esistenza di sistemi robusti di decisione economica relativamente a nuove possibili varianti.
I processi e l’organizzazione: modalità di gestione delle varianti, legami tra sviluppo prodotto-gestione delle varianti-processo di evasione degli ordini, responsabilità e cooperazione tra le diverse funzioni.
La configurazione: ruoli, responsabilità e caratteristiche del processo di offerta e/o di configurazione, modalità di trasformazione della richiesta del cliente in distinta tecnica
Sistemi: Analisi di ERP, PDM, configuratori, altri strumenti (per esempio, fogli excel), livello di connessione tra i diversi sistemi.
Un esempio pratico
Sul tema della proliferazione di varianti, ecco un interessante caso si successo. In una media azienda manifatturiera italiana, fortemente internazionalizzata e indubbiamente di successo, si è deciso di intraprendere un processo di riduzione della complessità. Innanzitutto, si è razionalizzato il portafoglio, eliminando i basso rotanti.
L’analisi del portafoglio ha portato all’individuazione di 597 codici di varianti (12% del totale dei codici) che potevano essere eliminate, con un guadagno, sommando la riduzione dei risparmi in costi indiretti al miglioramento del margine (in quanto molti di questi codici venivano venduti in perdita), di quasi mezzo milione di euro all’anno (il 7% del margine totale annuale).
Questo lavoro è stato condotto tramite gruppi interdisciplinari, che mettevano insieme le competenze di mercato, quelle tecniche di prodotto, del processo produttivo, degli approvvigionamenti, ecc. Contestualmente sono state portate avanti anche attività di standardizzazione dei componenti, di modularizzazione e di ridefinizione dei criteri di progettazione.
Calcolo dei costi della complessità
Per mantenere nel tempo questi risultati, è stato sviluppato anche un sistema di calcolo dei costi della complessità (un semplice foglio excel che potrà in seguito essere inserito in altri sistemi esistenti) che consente di calcolare, sulla base del costo di sviluppo e industrializzazione e del total cost of ownership del materiale di acquisto, qual è il costo di creazione e gestione del nuovo codice, per poter fare una valutazione informata che confronti i costi della complessità con i ricavi attesi.
(di Giancarlo Oriani, CEO di Staufen Italia)
a cura di Simona Recanatini
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