Oggi serve un approccio culturale più aperto verso la digitalizzazione, considerandola un investimento che determina un salto di qualità e proietta le imprese verso il futuro, aumentandone la competitività.
di Lisa Ferrarini *
Oggi serve un approccio culturale più aperto verso la digitalizzazione, considerandola un investimento che determina un salto di qualità e proietta le imprese verso il futuro, aumentandone la competitività. Secondo il rapporto Digital economy and society index della Commissione Europea, nel 2018 l’Italia si è collocata al 24° posto su 28 per competitività digitale e al 23° posto per integrazione delle tecnologie digitali da parte delle aziende.
Il nostro Paese è quindi in ritardo rispetto agli altri principali Paesi europei, ma dal 2016 si è dotata di una strategia di policy di medio-lungo periodo in linea con le best practice internazionali, il Piano Nazionale Industria 4.0. La principale misura con cui il Governo italiano ha sostenuto gli investimenti in beni strumentali alla trasformazione digitale delle imprese è stato lo strumento dell’iperammortamento, che si stima abbia riguardato 10 miliardi di investimenti agevolati per macchinari e attrezzature. Si tratta di una misura importante, che è stata utilizzata prevalentemente da imprese piccole e medie del settore manifatturiero, con in testa il comparto dei prodotti in metallo, davanti a meccanica strumentale e chimica.
Ma Industria 4.0 è il trampolino da cui tutte le nostre imprese possono spiccare il salto nel futuro e rilanciare la competitività del manifatturiero italiano nel mondo, modernizzando il tessuto industriale e integrando le tecnologie innovative e la digitalizzazione dei processi. L’alimentare in particolare è uno dei settori che meglio ha risposto alla sfida, assestandosi al 6° posto per investimenti in tecnologie 4.0, con una media di 900mila euro per impresa. Inoltre le industrie alimentari sono il 7% del numero totale delle aziende 4.0, rappresentando il 7% degli investimenti totali. Certo c’è ancora molto da lavorare: per questo, come Confindustria abbiamo sempre sollecitato il Governo a non eliminare quei provvedimenti che hanno dato risultati.
La trasformazione digitale delle imprese va accompagnata e richiede un supporto a più livelli, a partire da una politica industriale che intervenga in modo coordinato sui vincoli strutturali legati allo sviluppo digitale: infrastrutture, risorse finanziarie per gli investimenti, competenze umane e coordinamento lungo le filiere nazionali.
* vicepresidente di Confindustria con delega all’Europa dal maggio 2014, carica confermata nel 2016 con la presidenza di Vincenzo Boccia
a cura di Loris Cantarelli
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