Il decreto attuativo è alle porte, lo conferma il MIMIT

Raffaele Spallone, dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi MIMIT, ha tranquillizzato le imprese sulla semplicità di utilizzo della piattaforma di accesso ai benefici. Lo ha affermato durante l’evento di apertura a SPS Italia 2024.

Il decreto attuativo al piano Transizione 5.0 è alle porte.

In queste ore è di passaggio tra i vari gabinetti ministeriali e dovrebbe vedere la luce a stretto giro, forse ore.

Raffaele Spallone, dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi MIMIT, lo ha affermato durante l’evento di apertura a SPS Italia 2024.

Spallone ha tranquillizzato le imprese sulla semplicità di utilizzo della piattaforma di accesso ai benefici che è operativa ma sarà disciplinata da un decreto direttoriale che ne semplificherà l’utilizzo. Click day dopo il via libera alla richiesta degli incentivi? Spallone non vede probabili ingorghi di accesso. Sulla finestra di utilizzo dei fondi che dovrebbe scadere al 31 dicembre 2025, Spallone anticipa che il decreto attuativo detterà qualche novità in tal senso.

Sono queste alcune delle novità emerse durante la sessione mattutina del primo giorno dell’evento che si sta tenendo in queste ore a Parma.

Il dirigente è stato cauto sia sui tempi in cui potrà vedere la luce il decreto attuativo ma ha sottolineato, tra le righe, l’attenzione verso le imprese e, in un certo senso, spiegato e giustificato i ritardi di emanazione del decreto attuativo e, prima ancora, del piano Transizione 5.0. Si trattava di un’operazione delicata dettata da un contesto geopolitico complesso ma che doveva essere attuata attraverso i fondi repowereu.

Da un lato l’Italia che prima in Europa voleva dare vita a un sistema di beneficio che non si era ancora visto, dall’altro la commissione europea che doveva deliberare lo sblocco dei fondi e che non voleva sentir parlare di incentivi fiscali verso il green e il digitale.

L’operazione, secondo Spallone, è riuscita grazie al fatto che inizialmente i fondi dovevano essere 4 miliardi mentre la Ue li ha alzati a 6.3 e si tratta di misure che vanno a vantaggio sia della grande impresa che vuole investire in Italia sia alle Pmi.

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a cura di Stefano Belviolandi