Il ruolo e il funzionamento dei Technology Transfer Offices europei in uno studio Deloitte e Politecnico di Milano per il progetto MUSA.
L’Italia figura nell’Unione Europea al primo posto per tasso di conversione di domande in brevetti e al terzo posto per investimenti in Ricerca & Sviluppo. Ma sul trasferimento tecnologico fatica ancora e deve fare un salto di qualità per far evolvere il suo modello di TTO (Technology Transfer Office).
È questo uno dei nodi cruciali dello studio “Il ruolo e il funzionamento dei Technology Transfer Offices europei”, presentato da Deloitte e Politecnico di Milano lo scorso 25 settembre 2024 all’ateneo milanese in presenza di rappresentanti del mondo della ricerca, delle istituzioni e delle imprese.
Il paper è stato realizzato nell’ambito del progetto MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action), l’Ecosistema dell’Innovazione finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Primi spunti per migliorare
Partendo dalla descrizione del panorama del TT (Technology Transfer) e delle modalità operative dei TTO (Technology Transfer Office), ha spiegato Gabriele Secol, Partner Deloitte – Officine Innovazione, «la ricerca si propone di formulare dei primi spunti e considerazioni per potenziare l’impatto e l’efficacia dei TTO italiani nell’agevolare il passaggio di conoscenze e tecnologie dal contesto accademico a quello produttivo. Nonostante l’Italia abbia tutti i requisiti per eccellere, infatti, dalla nostra ricerca emerge come ci sia ancora un importante gap con i Paesi europei leader nel trasferimento tecnologico. Ma la sfida dell’innovazione è cruciale per il nostro Paese e per tutta l’Europa: per questo dobbiamo collaborare per migliorare il nostro modello di trasferimento tecnologico e renderlo competitivo nello scenario globale».
Una sfida per tutti
Il trasferimento tecnologico rappresenta una sfida strategica per il nostro Paese. Marco Bocciolone, delegato della rettrice al Trasferimento tecnologico, ha commentato: «Al Politecnico di Milano, il nostro TTO supporta i ricercatori nella protezione e valorizzazione delle loro invenzioni, favorendo la collaborazione con l’industria. Tuttavia, come suggerisce lo studio effettuato nel paper c’è ancora ampio margine per un miglioramento del sistema e per attuarlo è necessario adottare una visione sistemica che favorisca l’Open Innovation, una governance chiara e un modello di incentivazione che investa in una formazione specifica per il personale dei TTO. Solo così potremo trasformare l’innovazione accademica in un motore di crescita economica e sociale per l’Italia».
Da parte sua, il prof. Salvatore Torrisi, Scientific Coordinator di MUSA, ha aggiunto: «Il trasferimento tecnologico rappresenta una leva strategica fondamentale per la crescita e la competitività del nostro Paese. È cruciale non solo per valorizzare le innovazioni sviluppate all’interno dei contesti accademici, ma anche per trasformarle in soluzioni concrete a beneficio del tessuto imprenditoriale e della società. Come MUSA lavoriamo ogni giorno affinché il nostro sistema di TTO diventi un modello di eccellenza, capace di connettere in modo efficace il mondo della ricerca con quello delle imprese. Solo così potremo colmare il gap che ancora ci separa dai Paesi leader in Europa e affrontare con successo le sfide globali dell’innovazione».
Il trasferimento tecnologico in UE
L’Unione Europea continua a essere caratterizzata da frammentazioni e disuguaglianze tra i paesi membri: tale divario è evidenziato da fattori come la spesa in R&S, l’R&S Intensity e le domande di brevetto depositate. Queste dimensioni sono incluse in un indice che la Commissione Europea ha definito per valutare e confrontare l’innovazione nei Paesi europei, denominato EIS (European Innovation Scoreboard).
Nel complesso, la spesa in R&S mostra l’Unione Europea sull’ultimo gradino del podio globale dietro Stati Uniti d’America e Cina, ma al primo posto sia per numero di brevetti depositati sia per brevetti concessi, secondo i dati dell’European Patent Office.
Il trasferimento tecnologico in Italia
L’EIS nel 2023 ha definito l’Italia come «Moderate Innovator» (Francia, Germania e UK sono Strong Innovator, i Paesi Bassi addirittura Innovation Leader). Il nostro Paese ha migliorato le sue prestazioni rispetto agli anni precedenti, ma è necessario aumentare il numero di laureati e incrementare gli investimenti in VC e R&S (l’Italia è solo 14° per spesa pro capite in R&S nella Europa dei 27).
Caratterizzata da un tessuto produttivo in gran parte costituito da microimprese (95%), l’Italia è in vetta alla classifica europea per tasso di conversione di domande in brevetti e si colloca al terzo posto per investimenti in Ricerca e Sviluppo.
Oltre al freno del piccolo dimensionamento delle microimprese, inoltre, l’Italia sconta un disomogeneo livello di capacità di innovazione tra regioni e l’incapacità di esprimere Innovation Leader tra le sue regioni, con solo 3 regioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento) Strong Innovator.
Il modello di TTO in Italia
Per continuare il cammino di crescita nell’innovazione intrapreso dal nostro Paese, è cruciale il ruolo delle Accademie e Centri di ricerca, IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) e dei loro TTO: ma a oggi ci sono ancora aree da sviluppare per migliorare la strutturazione di programmi di trasferimento tecnologico.
Per far evolvere il modello di trasferimento tecnologico italiano, appare infatti necessario adottare diverse azioni correttive, quali:
- la definizione di una governance che separi in modo chiaro ruoli e responsabilità;
- l’incentivazione e la formazione del personale;
- l’adozione di KPI (Key Performance Indicator) per monitorare progressi e identificare aree di miglioramento;
- un’attenzione specifica al change management e un’attenta mappatura degli stakeholder;
favorendo una collaborazione sinergica tra i diversi promotori dell’innovazione per superare l’attuale frammentazione degli attori e le difficoltà di collaborazione tra accademie, istituzioni e imprese.
Appare insomma sempre più necessario il passaggio a una visione sistemica della tematica, potenzialmente anche gestita da un soggetto non profit costituito ad hoc per la gestione delle attività di terza missione e che favorisca la collaborazione tra gli attori coinvolti nel processo di trasferimento tecnologico, per massimizzarne l’efficacia e sfruttare il massimo potenziale delle scoperte scientifiche sia dal punto di vista sociale che da quello economico.
a cura di Redazione
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