Non solo macchine, connettiamo imprese

Il punto di vista di Prof. Marco Taisch, Politecnico di Milano – School of Management Manufacturing Group

di Prof. Marco Taisch, Politecnico di Milano – School of Management Manufacturing Group

 

Nata nella Germania manifatturiera, Industria 4.0 è ormai entrata appieno nel nostro vocabolario.

Grazie all’impiego delle nuove tecnologie – come ad esempio il cloud, Internet of Things, i data analytics – la fabbrica, il processo produttivo, il product design stanno vivendo una fase di innovazione e di esplosione di nuove potenzialità. Il mondo industriale, come lo conosciamo, si sta velocemente trasformando, dando vita a un sistema più complesso ed interconnesso che chiama in causa tutti gli attori che partecipano alla produzione e rafforza i legami di filiera.

Al capitale umano e fisico si affianca un altro fattore della produzione: con Industria 4.0 viene messo al centro il dato, l’informazione. Dobbiamo immaginare il sistema industriale come una realtà più complessa, che va dal cliente al fornitore, dall’operaio al CEO, che lavora in maniera integrata sfruttando l’enorme potenzialità dei big data e condividendo in maniera consapevole le informazioni. I dati (dei clienti, della fabbrica, ecc.), infatti, creano valore al punto tale da diventare un importante fattore differenziale di competitività.

Ciò è possibile perché nulla è più immateriale delle informazioni. Industria 4.0 non resta confinata alle mura di uno stabilimento industriale, ma supera le barriere fisiche interconnettendo macchine con macchine, fabbriche con fabbriche, imprese con imprese, PMI con PMI. In altri termini, il Machine2Machine rappresenta il punto di partenza e non quello di arrivo di Industria 4.0: grazie alla condivisione dei dati, siamo di fronte ad una trasformazione che è in grado di stimolare l’aumento della produttività dell’intera filiera industriale.

Mettere in rete imprese, macchine e persone vuol dire, peraltro, abilitare nuovi modelli di business Grazie ai dati, la produzione diventa sempre più su misura del cliente, ossia “customizzata”. In più, si affermano modelli di business che danno “vita” ai prodotti finiti, rendendoli abilitatori di nuovi servizi ad essi collegati: si passa, cioè, a modelli di “servitizzazione”, che pongono al centro non la proprietà ma l’utilizzo dei beni.

Industria 4.0 trasforma il modo di fare impresa. Per questo è fondamentale che ad ogni livello – dal management all’operaio – le persone, ancor prima che le macchine, siano parte attiva del percorso di trasformazione digitale dell’industria. È fondamentale conoscere, capire e poi investire sulle nuove tecnologie per poter cogliere tutte le opportunità che Industria 4.0 offre alle imprese, di ogni ordine e dimensione. Per questo, all’interno dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano abbiamo deciso di investire sul nostro core business, ossia sulla formazione.

Guardando alle imprese, abbiamo realizzato il DREAMY (Digital REadiness Assessment MaturitY model), uno strumento in grado di misurare il grado di maturità digitale delle imprese e guidarle lungo il processo di definizione della roadmap di trasformazione digitale. In più, per avvicinare le imprese alla digitalizzazione, abbiamo costruito anche un semplice e accessibile strumento di auto-valutazione (on-line qui) in grado di offrire, con la compilazione di un semplice questionario, uno primo indicatore di maturità digitale e far maturare consapevolezza e fabbisogno di digitalizzazione.

Ma, ancor prima, siamo convinti che occorra portare avanti un processo di revamping delle competenze, dalle scuole a chi oggi lavora in fabbrica. La formazione, che rappresenta il cuore del nostro lavoro, deve essere ancor più pervasiva delle stesse tecnologie. In un mondo 4.0, la capacità di sapere leggere i dati, interpretarli e prendere decisioni basate sulla maggiore popolazione di dati diventa fondamentale: dall’operatore a bordo macchina, fino al CEO tutti sono chiamati ad investire su nuove competenze e sulla conoscenza. Per questo, è fondamentale valorizzare il know-how dei lavoratori attivi, adeguandone le competenze al mondo che cambia, senza disperdere il bagaglio di conoscenza che ha reso unica l’industria italiana. Ma, soprattutto, bisogna investire sui giovani, introducendo percorsi formativi tecnici adeguati e abilitandoli ai lavori del futuro, ricordandoci oggi più che mai che sono i ragazzi il cuore delle imprese e della società.

 

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a cura di Redazione