Ecco perché non può (al momento) esserci una proroga di Transizione 5.0 al 2026

Raffaele Spallone, dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi MIMIT, chiarisce alcuni punti intricati del piano Transizione 5.0.

Le imprese interessate al piano Transizione 5.0 devono rassegnarsi a che la proroga al 2026, per il momento, non ci sarà nemmeno per le consegne e le interconnessioni.

Lo ha confermato Raffaele Spallone, dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi MIMIT, ai microfoni della trasmissione televisiva  Italia 5.0 di Class CNBC.

Possibile una proroga di Transizione 5.0?

Spallone ha spiegato questa affermazione, solleticato dal neopresidente di Ucimu – Sistemi per Produrre, Riccardo Rosa, che ha portato alla luce i ritardi e quanto i primi mesi dell’anno in corso siano sostanzialmente andati in fumo per quanto riguarda i benefici al piano Transizione 5.0 e al decreto attuativo di cui si sono viste alcune bozze ma si è in attesa di un cenno da parte della Corte dei Conti che lo sta vagliando.

Rosa ha dettagliato la domanda. «Siamo a metà luglio, le norme attuative arriveranno a fine luglio, agosto è un mese fermo e ripartiremo a settembre 2024. Tutti i beni strumentali interessati alla 5.0 richiedono un periodo di tempo che va dai sei agli otto mesi prima di essere operativi. Detto questo – prosegue – significa che le aziende associate a Ucimu inizieranno a consegnare i suddetti beni strumentali non prima del febbraio 2025 e potremo acquisire nuovi ordini fino ad aprile 2025 e poi dovremo fermarci».

Ecco perché non può (al momento) esserci una proroga di Transizione 5.0 al 2026
Raffaele Spallone, dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi MIMIT

Spallone, a questo punto, ha spiegato che a differenza del 4.0, il piano 5.0 è frutto di una misura che risponde al PNRR e «avendo una rendicontazione che prevede una certa complessità, al 2026, gli spazi di manovra sono pochi, ci abbiamo provato – ribatte Spallone – e non escludiamo che più avanti ci possa essere una apertura da parte della Commissione Europea che potrebbe decidere di estendere il piano e concedere una proroga».

I ritardi di Transizione 5.0 pesano un Europa

Come è stato ricordato, il piano Transizione 5.0 non sta mettendo in ginocchio solo le imprese italiane ma anche altri stati membri dell’Unione Europa, il che potrebbe far presagire che se il problema fosse su larga scala si potrebbe intervenire con una proroga, certo è che Spallone ribadisce: «tutto dipenderà dalle risorse e dai nostri conti pubblici nel momento della registrazione delle spese».

La conservazione dei documenti 5.0

Un altro punto dibattuto è quello relativo alle tempistiche di conservazione dei documenti. Su quali siano quelli da conservare nei 5 anni dopo la certificazione ex post, Spallone specifica che si tratta di tutti i documenti contabili che certificano le spese sostenute e la documentazione prodotta in sede di domanda. Inoltre, le fatture riferite ai beni acquisiti che non vanno caricate sulla piattaforma del GSE.

Transizione 5.0: tra digitale e green vince il primo per semplicità

Più complessa l’applicazione del segmento relativo alla transizione energetica e ai risparmi energetici da mantenere rispetto a quanto esposto nelle certificazioni che hanno portato a una difficoltà di interpretazione delle normative e lanciato qualche perplessità tra chi aderirà al piano per quanto riguarda proprio il mantenimento. Spallone ha evidenziato che si terranno sicuramente conto di eventuali scostamenti dei risparmi.

La formazione nel piano 5.0

Capitolo formazione. Durante il suo intervento al Forum in masseria, Adolfo Urso, titolare del dicastero delle imprese e del Made in Italy aveva esplicitato un fattore importante proprio legato ai fondi da utilizzare per la formazione. Spallone aggiunge un ulteriore tassello. «Formazione torna ma non nella versione 4.0. Si tratta di una formazione qualificata che si può svolgere solo con alcuni soggetti come: i Competence Center, gli European Digital Innovation Hub, le università, i centri di ricerca e altri soggetti qualificati. Nella normativa chiediamo un’attività di formazione superiore alle 12 ore con obbligo di almeno 4 ore relative ad almeno 4 moduli legati a decreto che sono: cybersecurity, formazione legata ai componenti energetici dei processi produttivi, Intelligenza artificiale».

calendar_month

a cura di Stefano Belviolandi