Transizione 5.0 è motore di rilancio dell’industria ma resta lo scoglio delle competenze

Durante l’Open Innovation Summit 2024 organizzato da Il Sole 24 Ore e Zest a Saint Vincent (AO) è emerso come il piano Transizione 5.0 possa essere il motore di rilancio della nostra industria ma va semplificato. Un monito e numeri importanti e non rassicuranti sono emersi sulla mancanza di competenze.

Modifiche al piano Transizione 5.0 «volte a un più corretto uso e allo stesso tempo ad assicurarne la massima efficienza».

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, lo ha ribadito intervenendo all’Open Innovation Summit 2024 organizzato da Il Sole 24 Ore e Zest. La riunione di qualche giorno fa con il vertice di Confindustria, Emanuele Orsini, ha portato i suoi frutti.

Come scritto da The Next Factory, vi sarà una semplificazione della procedura di accesso al piano e un innalzamento delle aliquote. Sono aspetti che il ministro ha confermato e che sono stati sottolineati da Riccardo di Stefano, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria intervenuto all’evento a Saint Vincent.

Transizione 5.0: unico strumento di rilancio dell’industria italiana

Transizione 5.0 è motore di rilancio dell'industria ma resta lo scoglio delle competenze
Marco Gay, presidente esecutivo di Zest

Di Stefano ha dichiarato: «Transizione 5.0 è essenziale in quanto l’unico strumento di politica industriale in questo momento che può rilanciare la nostra industria.

Ma deve essere semplificato, abbiamo presentato al governo alcune proposte di semplificazione che sono state ben accolte».

Dagli interventi intercorsi durante la giornata si è levato, unanimemente, un plauso al piano Transizione 5.0, seppur con qualche distinguo, con la consapevolezza che una politica industriale più decisa sull’innovazione sia essenziale per accelerare la twin transition e guidare l’Italia verso l’impresa 5.0.

Marco Gay, presidente esecutivo di Zest, sottolinea l’importanza di un’accelerazione verso una transizione sostenibile e una transizione green, il vero e proprio credo del piano Transizione 5.0, ma al contempo ci si rende conto che la procedura di accesso è estremamente complessa e contorta.

Gay, però, si spinge oltre e afferma: «supportare l’adozione di nuove tecnologie attraverso la collaborazione con le startup vuol dire innovare le imprese più tradizionali e favorire modelli di business dal grande potenziale di crescita e sostenibili promuovendo una crescita economica robusta ed inclusiva».

Gay ritiene che «solo attraverso un impegno concreto delle imprese e delle istituzioni, supportando il Venture Capital e l’Open Innovation, sarà possibile coniugare competitività e sostenibilità, garantendo un futuro di sviluppo concreto per il sistema economico italiano».

Transizione 5.0 è motore di rilancio dell’industria ma pesa la mancanza di competenze

Al di là di investimenti, di innovazioni, di sostenibilità, di green, c’è un altro fenomeno preoccupante e il grido d’allarme è lanciato da tempo e da più parti: la mancanza di competenze.

È Di Stefano, che è delegato per l’Education e l’Open Innovation dei giovani imprenditori di Confindustria, che porta in auge questo concetto.

«Il gap di competenze rappresenta attualmente il principale ostacolo alla crescita delle imprese. Il 53% delle figure tecniche è difficile o impossibile da reperire, causando una perdita per le aziende pari a 43,9 miliardi di euro in termini di mancato valore aggiunto. Secondo le stime del nostro Centro Studi, tale numero è destinato ad aumentare al 2028, con un fabbisogno stimato di ulteriori 1,3 milioni di figure mancanti. Per affrontare questa sfida – afferma Di Stefano – è necessario un’alleanza tra pubblico e privato e una collaborazione sempre più stretta tra scuola e impresa. Dialoghiamo con le istituzioni su tre aspetti chiave: rafforzare la formazione tecnica, potenziando gli Its che sono passati da 18 mila a 45 mila iscritti; sviluppare le Its Academy; e migliorare la filiera ‘4+2’, che ha già dato buoni risultati ed è in fase sperimentale in 170 scuole».

«È fondamentale trovare una via italiana all’innovazione e occorre supportare le imprese in questo processo di contaminazione tra imprese mature e startup, in un modello dove ricerca e sviluppo possono arrivare per via esterna», prosegue Di Stefano.

«Servono però delle regole del gioco che liberino queste potenzialità: deve essere più semplice creare una startup, meno vincoli per i fondi pazienti che scelgono di investire in startup, bisogna continuare ad incentivare aziende e famiglie che scelgono di investire. Ci sono esempi di open innovation di startup che si sono integrate con aziende strutturate sul modello di Industria 5.0 fornendo un monitoraggio dei consumi energetici, come abbiamo avuto modo di vedere concretamente nel nostro progetto Talentis».

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a cura di Stefano Belviolandi